I combustibili aeronautici

Febbraio 28 09:55 2018

Parlando di combustibili aeronautici

Il combustibile riveste una particolare importanza in campo aeronautico, soprattutto dal punto di vista della sicurezza volo. Esistono vari tipi di propellenti dedicati sia ai velivoli con motore a scoppio sia per quelli a getto. Sono tutti prodotti derivati dalla distillazione del petrolio (dai 35° a 200° per le benzine e da 150° a 280° per il cherosene).

La benzina avio, detta Avgas (Aviation gasoline) negli anni passati era disponibile in vari tipi: 80/87 e 100/130 ottani. Per numero di ottani si intende la resistenza alla detonazione. Il numero di ottano si otteneva con l’aggiunta di piombo tetraetile (Tetra-Ethyl Lead) detto TEL che è un composto altamente tossico, oltre a essere molto costoso. Alla fine degli anni 80 si è giunti a un solo tipo di benzina avio, denominato 100LL (dall’inglese 100 low lead) cioè a basso contenuto di piombo.

La 100LL contiene massimo 2 grammi di piombo per gallone (US Gall = 3,8 Lt)  corrispondenti a circa 0,56 grammi/litro.

L’Avgas si differenzia dalla comune benzina per possedere una pressione di vapore inferiore e più uniforme. Ciò le permette di rimanere allo stato liquido anche in quota prevenendo l’indesiderato e pericoloso fenomeno del vapor lock . L’alta volatilità, infatti, potrebbe creare bolle nei condotti di alimentazione con possibili piantate motore.



Il combustibile degli aerei a getto

Per i jet, in campo civile viene impiegato il Jet-A1, sigla Nato F35. Il Jet A-1 è cherosene additivato con anticorrosivo e antistatico per renderne più sicuro l’impiego.  Ha una densità compresa tra 0,78 e 0,81. Il cherosene, nella sua distillazione deve essere trattato per ridurre la presenza di zolfo e di elementi corrosivi. E’ un idrocarburo contenente atomi di carbonio e d’idrogeno. Nonostante tutto ha un costo inferiore alle benzine.

In campo militare fino al 1978 era impiegato il combustibile JP-4, denominato Wide cut fuel, una miscela composta da cherosene e 30% di benzine, facilmente incendiabile e sostituito dal JP-8, sigla Nato F34, molto più sicuro e di più largo impiego. Si pensava infatti, di alimentare anche i carri armati e i mezzi terrestri con questo tipo di combustibile.

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Il JP-8 è additivato con anticorrosivo (HITEC E-580, NALCO 5403 rispondenti alla specifica USA MIL- I- 25017) e antistatico (ASA-3, STADIS 450) come nel Jet-A1 ma in esso viene aggiunto anche  l’additivo antighiaccio, previsto dalla normativa militare (AER-M-C.141e).  L’additivo antighiaccio è etere monometilico del glicol etilenico rispondente alla norma AER-M-I.380 (Simbolo Nato S-748) e va aggiunto al combustibile nella proporzione 0,10-0,15% in volume. Il JP-8 non gela alle basse temperature, non contiene benzene, (cancerogeno) a differenza del JP-4, ma ha un odore intenso e untuoso al tatto. Giacché non vaporizza facilmente, permane più a lungo nelle zone contaminate, rappresentando maggior pericolo d’incendio.

JP-5 Sigla Nato F44 Usato dai velivoli ed elicotteri imbarcati su portaerei e navi. Il JP-5 è una complessa miscela di idrocarburi composta da alcani, cicloalcani e composti aromatici. Il peso specifico di 0,81 kg/L è simile al JP-8 ma presenta un alto numero d’infiammabilità (min. 60 °C). Questo lo rende più sicuro per essere stoccato a bordo. Il JP -5 è molto più costoso del JP-8

Una menzione particolare spetta al combustibile JP-7, usato dal famoso velivolo d’alta quota SR-71 Blackbird. Questo combustibile aveva un buon potere energetico un’elevata stabilità termica e bassissima volatilità. Possedeva il punto d’infiammabilità particolarmente elevato e veniva impiegato per il raffreddamento di strutture e sistemi del velivolo. Per l’accensione non venivano impiegate le normali candelette, ma delle iniezioni di Trietilborano (TEB) , una sostanza che si incendia a contatto con l’aria. Sul velivolo era installato un piccolo serbatoio di questo liquido che consentiva fino a sedici avviamenti.

Norme di sicurezza nel trasporto su strada e stoccaggi.

In accordo ai Decreti Ministeriali 25/02/86 e 21/03/86 la codifica delle materie pericolose è riportata su uno speciale cartello a sfondo arancione, delle dimensioni di cm 30×40 che viene apposto sulle cisterne per il trasporto su strada. Nell’esempio riportato qui sotto, il cartello impiegato per il trasporto di jet fuel. In esso vi sono riportate due serie di numeri:

Nella parte superiore vi è il numero detto di Kelmer che ne indica la pericolosità. Nella parte inferiore, un secondo numero detto codice O.N.U. ne identifica il prodotto.

Un altro cartello ne indica le caratteristiche di pericolosità.



I combustibili aeronautici sono facilmente deteriorabili e occorre una quotidiana cura particolarmente nello stoccaggio. Nel combustibile vi è presenza di acqua sotto varie forme.

– Acqua in sospensione che rende il combustibile più o meno opaco.

– Acqua in soluzione, non visibile a occhio nudo.

– Acqua allo stato libero che compare sotto forma di goccioline e con il tempo si deposita sul fondo dei serbatoi di stoccaggio. In genere i serbatoi di deposito hanno nella porzione inferiore una zona più declive, detta ghiotta per la raccolta dell’acqua. E’ indispensabile eseguire giornalmente l’operazione di aggottamento, cioè l’eliminazione dell’acqua di fondo. L’incuria può portare con il trascorrere del tempo alla formazione di batteri anaerobi, che si sviluppano cioè in assenza di ossigeno: i solfo batteri. La loro formazione determina l’inquinamento micro batterico che può causare:

– Corrosione microbica indotta (MIC, Microbially Induced Corrosion)

– Intasamento dei filtri nei depositi e nelle stazioni di servizio.

– Intasamento dei sistemi di alimentazione dei motori.

Inoltre il combustibile stoccato in serbatoi o in fusti è sottoposto a periodiche analisi per verificarne lo stato di conservazione e il mantenimento dei requisiti fisico-chimici.

Particolare cura va posta anche nelle operazioni mattutine, in sede di ispezione giornaliera, eliminando, tramite apposite valvole di spurgo, l’eventuale acqua di condensa che si può formare sul fondo dei serbatoi del velivolo.

Durante le normali operazioni di rifornimento il combustibile viene filtrato prima di essere immesso nei serbatoi del velivolo. Al fine di evitare incidenti prima di iniziare tali operazioni le scrupolose norme di sicurezza impongono il collegamento a massa del velivolo, il collegamento a massa del rifornitore e il collegamento a massa della pistola erogatrice. Inoltre, ovviamente per qualche decina di metri dalla zona di operazioni non devono esistere fiamme libere, telefoni cellulari, non devono essere accesi apparati di bordo quali transponder etc.. Deve inoltre essere presente un sufficiente quantitativo di polvere estinguente e di schiuma.

Prima di ogni rifornimento viene eseguito il controllo Hydrokit per escludere la presenza di acqua. Una piccola quantità di combustibile è introdotta in una provetta contenente un reagente chimico. Se il reagente al contatto con il jet fuel rimane biancastro è esclusa la presenza di acqua, mentre una colorazione rosea ne indica la presenza. Con cadenza periodica (trimestrale) viene eseguita una prova detta millipore per accertare l’efficienza dei filtri di un rifornitore. La prova consiste nel far attraversare una speciale membrana pre pesata, da 5 litri di combustibile prelevato con apposita attrezzatura dalla pistola erogatrice e di inviarla ai competenti Laboratori di Analisi dell’A.M. Se il risultato dei residui trovati sulla membrana è inferiore a 1 mmg/lt, i filtri sono efficienti, tra 1 e 2 si ha un valore cautelativo, mentre se superiore a 2 mmg/lt i filtri devono essere sostituiti prima della loro scadenza temporale.




 

 

Scritto da: Claudio DI BLASIO, autore del libro “La mia parte di Cielo”

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Michele Cangemi
Michele Cangemi

Studente al quarto anno presso l’istituto tecnico aeronautico Maxwell di Milano. Appassionato di volo, di vela, fotografia e di computer. Fondatore del portale di informazione e cultura aeronautica "Tuttosulvolo.it"

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