Dall’Italia al Senegal in ultraleggero – Luigi Seccia si racconta

Maggio 09 19:44 2018

Abbiamo intervistato il pilota Luigi Seccia socio di Aero Club Milano che, pilotando il suo ultraleggero, ha volato attraverso l’Europa fino a compiere un raid, insieme ad altri velivoli francesi, che l’ha portato fino in Africa.

Spinto da una forte passione per il volo ha conseguito il brevetto di pilota privato e, in seguito,  acquistato l’ultraleggero “Flight Design CT2K“,  con cui tutt’oggi vola principalmente in Italia ed in Europa. Andare in vacanza con l’aereo è, per lui, un modo diverso per coniugare il viaggio al piacere del volo.

Luigi è anche appassionato di radio ed è titolare del nominativo di stazione radioamatoriale IK2VJF.

Gli abbiamo fatto alcune domande ed ecco cosa ci ha raccontato:

-Quando e come nasce la tua passione per il volo?

Nasce nei primi anni ’80 quando feci un primo volo su un deltaplano insieme ad un mio amico. Il deltaplano è affascinante: vola basso e va piano. Poi ad un tratto arriviamo sul fiume Secchia, con il sole al tramonto, con tutti quei riflessi che si distinguono sulle increspature del fiume e da quel momento compresi che quello sarebbe stato ciò che avrei voluto fare. Dopo essermi iscritto al corso del deltaplano mi accorsi di avere paura nonostante avessi un ottimo istruttore, ma non c’è stato verso. E da li ho smesso fino a diversi anni dopo.

-Quando e quali i brevetti di volo ottenuti?

Qui scaturisce una delle cose più belle della mia vita: mio figlio decide di iscriversi all’istituto aeronautico, di sua spontanea volontà. In quel periodo lavoravo fuori dall’Italia, ma un giorno che ero a casa decidemmo di iscriverci tutti e due al corso PPL presso l’Aero Club Milano. Poi lui è diventato pilota di linea e io ho ottenuto il la licenza nel 2013.

Il volo/i che non dimenticherai mai

Ad un certo punto sentivo che di lì a poco avrei fatto il mio primo volo da solista. L’istruttore arrivato alla “biga” mi disse che non avrei dovuto parcheggiare l’aereo ma bensì lui sarebbe sceso. E’ un’emozione grande ma è controllata perché avevo fatto tante volte le stesse procedure con quell’istruttore. Ero solo ma non mi sentivo solo perché ero tranquillo e sicuro che quelle procedure sarei stato capace di farle. Non mi sentivo sconfortato perché sentivo che l’istruttore che normalmente sedeva affianco a me era dentro di me, facevo esattamente le cose che avevo fatto tante altre volte. L’altro volo incredibile è stato quando un giorno davvero  bello, di quelli che capitano di rado a Milano, decido di pianificare un volo. Salgo a bordo del 172 e decido di andare verso il Lago di Varese proseguendo poi per il Lago d’Orta da dove avevo pianificato di giungere sul Lago Maggiore. E’ uno dei voli più belli che si possano fare partendo da Milano.

-Quali viaggi fatti in aereo?

Sono arrivato nel Regno Unito, in Germania, due volte in Puglia, due volte in Sicilia, una specie di “tour d’Italia”. Diverse volte al mare. Un altro in cui sono partito da Milano in un caldo giorno di Luglio per un week-end ad Asiago. Una volta arrivato all’aeroporto, c’era un clima così fresco che ci ha permesso di affittare le biciclette per visitare la città. Anche diversi viaggi in Friuli a visitare i parenti.

Il CT2K preparato per resistere alla sabbia del deserto

 

-Quali sono stati gli aeroplani che ti hanno regalato maggiori soddisfazioni? Perchè?

Io conosco due aerei in particolare: il mio CT2K e il Cessna. C’è una premessa da fare: non mi ritengo un grande pilota. Mi ritengo uno scarpone che ha sempre da imparare. Quando stavo frequentando il corso di volo a Bresso facevo la “flare” un metro sopra la pista. Ero disperato, mi ritengo uno “scarpone”.

 

– Com’è stato compiere il “Raid Latécoère” insieme ad altri aeroplani francesi?

L’Africa è un sogno: l’idea vedere l’Africa dall’alto… Allora il mio amico che mi fece volare sul deltaplano mi parlò dei francesi che organizzavano questi “Raid”. Cercando in internet ho trovato questo Club Latécoère che seguiva  la vecchia rotta dell’Aeropostale da Tolosa fino a Dakar. Perché Latécoère? E’ un raid che tocca i Paesi ex-colonie francesi per cui farlo con i francesi sarebbe stato più facile senza dubbio. Ma sono stato contento anche perché il club sostiene delle iniziative umanitarie: parte della quota versata per il viaggio sostiene questi progetti a favore delle popolazioni locali. Potendo visitare da vicino la cultura locale. Tutto ciò insieme a 35 aerei di cui solo 3 ultraleggeri, e questa è stata una difficoltà. Arrivavamo in aeroporto insieme a tutti gli altri ma dato che eravamo “più lenti” partivamo ed arrivavamo per ultimi. Alzandosi in volo mi aspettavo di avere una vista su tutto il deserto ma si vedeva ben poco per via della sabbia sollevata dal vento. La cosa curiosa è che i francesi dicevano che per loro era come volare in IFR. Mentre io, tra me e me, pensavo che  assomigliasse più alla nebbia della pianura Padana.

-Com’è stata la parte di pianificazione della rotta, l’ottenimento dei permessi di volo per compiere questo Raid?

La rotta tracciata sulla cartina stradale del Senegal

Ai permessi di volo ci hanno pensato i francesi. Per l’assicurazione invece ho dovuto ampliare la copertura dato che attraversavamo diversi stati tra cui la Mauritania che è considerata quasi in guerra. Le difficoltà che un ultraleggero ha in Spagna mi hanno fatto rivedere e ripensare a coloro che criticano le regolamentazioni in Italia. La pianificazione è stata interessante: su questi voli lunghi si usa molto il GPS e l’autopilota, che avevo precedentemente montato. In Africa ci sono pochi punti di riporto VFR, quindi l’unica opzione era utilizzare i punti IFR per la navigazione. Un problema: se si usa “SkyDemon” la cartografia arriva fino al Marocco, per cui per avere i punti fondamentali come cancelli di ingresso/uscita li ho inseriti tramite le coordinate geografiche nell’app, nonostante la carta fosse muta. Poi per sicurezza ho preso le mappe stradali di Senegal e Mauritania su cui ho tracciato le rotte come si faceva durante il corso PPL con Plotter e penna.

-Perché fare le vacanze con  l’aereo?

Perché è affascinante, vedere dall’alto e un’altra cosa. Puoi fare delle cose che con l’automobile non potresti fare, ma qualche volta è comunque scomodo: non sempre gli aeroporti sono vicini agli alberghi, non sempre trovi la benzina disponibile. E’ impegnativo ma ne vale la pena.

Le dune in viaggio verso Dakar

-Cosa suggeriresti a chi vorrebbe intraprendere la carriera di pilota?

La carriera di pilota è complicata e affascinante. Chi comincia si trova già davanti una grande scelta: corso modulare o integrato. Sono due mondi diversi. Soprattutto per i loro  costi. L’integrato può dare i risultati più velocemente. Ma la conoscenza dell’inglese è indispensabile. Il modulare ti permette di arrivare alla licenza pezzettino per pezzettino. Nel modulare, in Italia, alcune scuole ti fanno fare il corso in italiano. Il mio consiglio , anche qui, e di sceglierlo in inglese. L’inglese è la lingua che bisogna dominare, servirà sul lavoro e, soprattutto, con il suo primo impatto: il colloquio. Nel colloquio e nella prova al simulatore bisogna essere calmi e non avere incertezze sulla lingua o su come eseguire le procedure. Bisogna conoscere ogni bottone come se fossero le proprie tasche. Le mani devono andare in modo “automatico”. Se si opta per il modulare in Italia, potrebbe essere interessante fare il corso in Italia, l’hour building in America e magari MCC e JOC in Inghilterra.

 Ecco un filmato del viaggio in Africa dal suo canale YouTube

 

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Michele Cangemi
Michele Cangemi

Studente al quarto anno presso l’istituto tecnico aeronautico Maxwell di Milano. Appassionato di volo, di vela, fotografia e di computer. Fondatore del portale di informazione e cultura aeronautica "Tuttosulvolo.it"

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